PROCESSO DI DIGESTIONE

La digestione micro-scala è, salvo alcune eccezioni, un processo continuo che utilizza reflui zootecnici.

I batteri, già presenti nel letame, degradano il materiale organico e convertono i residui colturali in biogas. Il fulcro dell’installazione dell’impianto è il digestore, che è composto da una o più vasche di stoccaggio a tenuta di gas.

Di sotto potete trovare ulteriori informazioni riguardo le tecniche di digestione, diverse componenti relative agli impianti di biogas e ulteriori informazioni sui parametri biologici e di processo della digestione.

TECNICHE

La digestione su micro-scala è, solitamente, un processo continuo che si basa sui liquami. Il fulcro dell’installazione dell’impianto è il digestore, costituito solitamente da una o più vasche di stoccaggio del letame a tenuta di gas. I liquami sono miscelati nel digestore e mantenuti ad una temperatura calda e costante. Il substrato alimenta il digestore svariate volte durante il giorno. Contemporaneamente all’alimentazione, dal digestore esce il liquame digerito, detto digestato. In questo modo il contenuto all’interno del digestore rimane costante, il che favorisce una produzione continua ed omogenea di biogas.

Il carico di sostanza secca organica (SSO) è ben controllabile e il sistema di alimentazione può essere facilmente automatizzato. Si può scegliere un digestore orizzontale o verticale, a singolo o multiplo stadio, mesofilo o termofilo e così via. La tipologia di installazione specifica per la vostra azienda dipende fortemente dal mix di substrati che intendete utilizzare.

 

Per i reflui solidi sono presenti molteplici opzioni; quando miscelato con liquami o acqua può essere trattato con un sistema liquido, come descritto precedentemente. Un’altra opzione è un processo discontinuo, per esempio un digestore batch. Il digestore discontinuo è composto solitamente di più contenitori, nei quali, una volta riempiti, incomincia il processo di digestione. Quando è trascorso il tempo di ritenzione, il digestore è svuotato e il processo ricomincia con substrati freschi. Il materiale che fuoriesce durante lo svuotamento (percolato) è trattenuto, riscaldato e cosparso sul substrato fresco.

 

Un altro tipo di digestore molto comune è il fermentatore a flusso pistone. Questo sistema è composto da un cilindro orizzontale in cui il substrato si muove da un lato all’altro. Il meccanismo di miscelazione lavora perpendicolarmente rispetto alla direzione del movimento. Il carico di SSO di un reattore a flusso pistone può essere più alto rispetto a quelli con miscelazione verticale e continua. Valori tipici variano da 5 a 10 kg di SSO per m3 al giorno. Nella maggior parte dei casi, questo tipo di digestore è spesso utilizzato in combinazione con un digestore verticale, permettendo tempi di ritenzione maggiori.

COMPONENTI DI UN IMPIANTO DI BIOGAS

Un impianto di biogas è composto da elementi diversi dal fermentatore. Tre i principali componenti installabili si possono trovare:

  1. Stoccaggio del letame
  2. Stoccaggio del co-substrato
  3. Sistemi di alimentazione
  4. Vasche di fermentazione con sistemi di miscelazione integrati
  5. Torcia
  6. Stoccaggio del biogas
  7. Stoccaggio del digerito
  8. Caldaia a biogas
  9. Gruppo di cogenerazione (CHP)
  10. Sistema di upgrading del biogas
  11. Pompe e tubature
  12. Sistemi di trattamento del digerito

Le componenti rilevanti per l’installazione e le capacità necessarie dipendono da cosa si vuole produrre (energia o gas naturale), dalle possibilità di acquisto di substrati, dal trattamento del digerito ecc.

BIOLOGIA DELLA DIGESTIONE

Il biogas è prodotto dalle biomasse attraverso un fenomeno biologico, la digestione anaerobica. Anaerobica perché il processo avviene in assenza di ossigeno. La materia organica dei substrati è degradata e convertita in biogas dai microrganismi.

 

QUATTRO FASI DELLA DIGESTIONE

Il processo si svolge in quattro fasi, ognuna delle quali è portata avanti da diversi gruppi batterici.

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  • Idrolisi
  • Acidogenesi
  • Acetogenesi
  • Metanogenesi

Nella prima fase, l’idrolisi, i polimeri organici a lunga catena come carboidrati, grassi e proteine sono scissi in costituenti minori, come zuccheri semplici, amminoacidi, acidi grassi e acqua.

Successivamente inizia la seconda fase, ossia l’acidogenesi, in cui si verifica un ulteriore scissione delle molecole rimaste. Questa fase è portata avanti dai batteri acidogenici che convertono la materia in acidi grassi a corta catena, alcol, CO2, idrogeno e ammoniaca.

Durante la terza fase, l’acetogenesi, si formano gli acidi organici. Questi sono la base per la successiva metanogenesi. I batteri responsabili di questa fase sono gli acetogeni e sono molto sensibili alle variazioni di temperatura. Anche la metanogenesi inizia lentamente durante la terza fase.

La quarta e ultima fase del processo di digestione si conclude con la produzione di metano. Il 90% della quantità totale di metano si forma durante la metanogenesi. Durante il processo è inoltre rilasciata la CO2 e, in piccola parte, anche acqua, H2S e N2. Il contenuto di metano nel biogas varia tipicamente dal 50 al 60%. Nella digestione a micro scala le quattro fasi della digestione avvengono tipicamente in maniera continua nello stesso digestore, che è continuamente miscelato.

CONDIZIONI AMBIENTALI PER I BATTERI

 

I batteri all’interno del digestore sono molto sensibili alla temperatura. Per questa ragione, la temperatura del digestore deve essere mantenuta a un certo livello, in modo da evitare la morte dei batteri. Nella pratica si fa una divisione tra batteri mesofili e termofili. I mesofili richiedono temperature da 25 a 45°C, mentre i termofili intorno a 45°C o più. I batteri termofili sono, però, più sensibili alle variazioni di temperatura rispetto ai mesofili. Per questa ragione la digestione in termofilia è più difficile da controllare.

 

Oltre al mantenimento di una certa temperatura costante, molti altri fattori influiscono sulle condizioni ambientali dei batteri:

 

Un ambiente umido. Il contenuto in acqua del substrato dovrebbe essere almeno del 50% per consentire ai batteri metanigeni di riprodursi e lavorare.

Un ambiente scuro. La luce non è letale per i batteri, tuttavia può rallentare il metabolismo. Creare un ambiente poco luminoso aiuta, quindi, il processo di digestione.

Il valore di pH del digestore. Generalmente, ogni gruppo di batteri opera a condizioni ottimali di pH. Per la metanogenesi questo valore è maggiore di 7. In caso di digestione a singolo stadio, dove si usa solamente un fermentatore, è raccomandabile mantenere questo livello di pH. Questo perché i metanigeni richiedono più tempo per riprodursi, il che li rende i più deboli della catena.

Nutrienti. Per costruire nuove cellule, i batteri hanno bisogno di nutrienti, vitamine e minerali. Il letame generalmente fornisce queste componenti in maniera sufficiente.

Ampia superficie dei substrati. Più il substrato è fine quando entra nel fermentatore, più grande è la superficie di contatto e meglio si svilupperà il processo di digestione. Specialmente per brevi tempi di ritenzione, è importante usare una granulometria molto fine dei substrati. La formazione di croste sulla superficie provoca una riduzione della superficie attiva, questa è una delle ragioni per cui il mix del substrato è miscelato frequentemente.

Alimentazione continua dei substrati. Per prevenire un eccessivo carico di alimentazione per i batteri, è importante creare un flusso di substrato il più continuo possibile. Meglio si degradano i substrati e più spesso questi devono essere caricati nella vasca di fermentazione.

Uscita del gas. Più facilmente il biogas riesce dal substrato e maggiore sarà la produzione. A tale scopo la pressione del gas sul substrato non deve diventare troppo alta. È quindi necessaria una buona uscita del gas.

Evitare sostanze inibenti. Alcune sostanze hanno un’azione di disturbo o addirittura un effetto devastante sulla produzione di biogas. L’ossigeno è un buon esempio, ma anche antibiotici o substrati ammuffiti possono disturbare il processo di digestione.

 

PARAMETRI DI PROCESSO

Ci sono tre parametri principali che influiscono sul processo di digestione:

 

Carico di SSO, ovvero il carico della sostanza organica secca. Questo parametro rappresenta quanti kg di sostanza organica secca per m3 di volume del fermentatore sono caricati ogni giorno nel digestore. Tipicamente, il valore oscilla tra 2 e 3 kg di SSO m-3 giorno-1. Come valore empirico, il valore di 4 kg di SSO m-3 giorno-1 è considerato il massimo. Sopra questa soglia, l’attività batterica diminuisce.

Tempo di ritenzione. Il cosiddetto tempo di ritenzione idraulica è la durata teorica in cui il substrato rimane nel digestore. Per un fermentatore verticale a miscelazione continua il valore è calcolato. Per un fermentatore a flusso pistone, il tempo di ritenzione idraulica rappresenta il valore reale di ritenzione in maniera abbastanza accurata. Generalmente, più facilmente si degrada un substrato, minore è il tempo di ritenzione idraulica.

Degradazione percentuale. Riflette la percentuale o quantità totale di materia organica secca che è degradata durante il tempo di ritenzione idraulica. Tipicamente è attorno al 60%. è possibile ottenere valori più alti, ma questo richiederebbe tempi di ritenzione molto maggiori e/o trattamenti con pressione e calore. Nella pratica, non è raggiungibile una totale conversione di tutta la sostanza secca organica .

 

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